Legittimo rifiuto all’acquisto della casa in assenza di agibilità

Con ordinanza n. 9226/2020 la Cassazione ha respinto il ricorso di alcuni promittenti venditori, che si sono visti opporre il rifiuto a rogitare  del promissario acquirente per mancanza del certificato di agibilità.

Compravendita di immobile e mancata consegna del certificato di agibilità

Alcuni promittenti venditori convengono in giudizio il promissario acquirente per sentir dichiarare la legittimità del loro diritto di recesso dal contratto preliminare di compravendita di un immobile sito in Roma, con conseguente diritto a trattenere la caparra di euro 180.000,00 e ad ottenere la cancellazione della trascrizione del suddetto accordo.

I ricorrenti assumono che il promissario acquirente, informato alla conclusione del preliminare dell’assenza del certificato di agibilità dell’immobile (costruito prima del 1967) ha rilevato l’ incommerciabilità dell’immobile, chiedendo il rinvio della stipulazione del contratto definitivo e una riduzione di circa la metà del prezzo pattuito. Secondo le indicazioni del notaio incaricato infatti il rogito non poteva essere stipulato per mancanza di documentazione essenziale.

Il promissario acquirente conseguentemente non si presenta davanti al notaio per la stipula del definitivo. Da ciò la comunicazione dei promittenti venditori di voler recedere dal preliminare, riservata la successiva azione giudiziale per il riconoscimento della legittimità dell’esercitato recesso. Il convenuto si costituisce in giudizio per ottenere invece il riconoscimento della legittimità del suo diritto di recesso, con conseguente condanna dei promittenti alla restituzione del doppio della caparra. Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda del promissario acquirente, in virtù dell’interesse del medesimo ad acquistare un immobile munito di certificato di agibilità e in regola con le disposizioni urbanistiche.

I promittenti venditori ricorrono in appello, ed anche in questa sede risultano soccombenti, poiché è rimasta indimostrata la rinuncia del promissario acquirente al requisito dell’agibilità dell’immobile oggetto del contratto preliminare ed in virtù dei loro specifici inadempimenti in relazione alla stipula del contratto.

Contratto sciolto per mutuo dissenso

I promittenti venditori ricorrono quindi in Cassazione sollevando una serie di motivi di doglianza.

Con il primo motivo fanno presente che la sentenza ha erroneamente ritenuto che il promissario acquirente, a conoscenza della mancanza del certificato di agibilità non aveva affatto inteso rinunciare alla circostanza della necessità del rilascio di detto certificato.

Con il secondo contestano che la Corte d’appello abbia ritenuto che la mancata consegna del certificato di agibilità abbia rappresentato un inadempimento di non scarsa importanza, anche perché, a loro dire, l’assenza di detto documento non avrebbe comunque inciso negativamente sul godimento dell’immobile.

Con il terzo ritengono che la Corte non abbia motivato adeguatamente la decisione di aver ritenuto legittima la richiesta del promissario acquirente di prorogare la stipula del definitivo per ottenere il certificato in vista della conclusione del definitivo, alla luce della non essenzialità del termine.

Con il quarto rilevano che la Corte avrebbe potuto considerare il contratto sciolto per mutuo dissenso, stante l’esercizio del diritto di recesso di entrambe.

Con il quinto lamentano il mancato riconoscimento del risarcimento del danno per il rifiuto del promissario acquirente di provvedere alla cancellazione del preliminare.

Legittimo non voler addivenire al rogito se manca il certificato di agibilità

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9226/2020 ha integralmente rigettato il ricorso.

Il primo motivo è stato ritenuto infondato perché la Corte d’Appello ha ritenuto che non ricorressero i presupposti della rinuncia come prospettata dai ricorrenti; che nella proposta sia stata inserita la formula “non c’è il certificato di abitabilità” ha fatto ritenere che essa facesse riferimento solo all’omessa consegna di esso da parte dei promittenti venditori escludendo, in ogni caso, che, in difetto di ogni altra significativa espressione, essa potesse implicare una espressa rinuncia del promissario acquirente a vedersi consegnato all’atto della stipula della vendita il documento attestante l’agibilità dell’immobile.

Infondato anche il secondo motivo perché non c’è dubbio che sui venditori “incombesse l’adempimento di procurarsi e consegnare il certificato di abitabilità, sulla base del principio più volte affermato dalla giurisprudenza in materia che “il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo dei certificati di abitabilità o di agibilità e di conformità alla concessione edilizia è da ritenersi giustificato perché l’acquirente ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene, per cui i predetti certificati devono ritenersi essenziali.”

Respinta anche la terza censura, poiché la Corte d’appello ha adeguatamente motivato sia le ragioni per le quali ha ritenuto di non scarsa importanza l’inadempimento dei promittenti venditori, sia quella per cui ha ritenuto il termine stabilito per addivenire alla stipula del contratto come non essenziale. L’essenzialità infatti “non poteva certo essere ricollegata all’adozione della formula di stile “entro e non oltre” contenuta nel preliminare, poiché, dall’esame delle clausole contrattuali nel contesto generale del preliminare, non era possibile evincere la previsione di specifiche pattuizioni dalle quali ricavare la necessità dei promittenti venditori di stipulare il contratto definitivo nella data riportata nel preliminare.

Non merita accoglimento neppure la quarta doglianza stante l’interesse del promissario acquirente alla stipula del definitivo e la fondatezza del suo recesso a causa del grave inadempimento del promittente venditore a fornire il certificato di abitabilità.

Infondata infine l’ultima doglianza perché i promittenti venditori non hanno dimostrato il nesso tra l’opposizione del promissario acquirente alla cancellazione della trascrizione del preliminare e il danno subito per la mancata cancellazione.

La presente disamina è stata sviluppata con necessità di sintesi, non può pertanto considerarsi completa e soprattutto aderente alla singola eventuale casistica che dovrà essere compiutamente analizzata e sviluppata sia in fatto che in diritto tramite effettiva consapevolezza di tutti i fattori ricorrenti nel singolo caso.

Avv. Emanuele Ornaghi