RESPONSABILITÀ MEDICA. DISAMINA DELLA NUOVA LEGGE GELLI-BIANCO IMPERIZIA, IMPRUDENZA E NEGLIGENZA DEL MEDICO

La Legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco), è intervenuta per superare le criticità emerse dopo l’introduzione della L. n. 189/2012 (c.d. Legge Balduzzi) e per meglio dissipare i numerosi interessi sottesi in materia di responsabilità medica.

La Legge Balduzzi stabiliva che non avrebbe risposto penalmente “l’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, si fosse attenuto a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”.

La nuova Legge Gelli-Bianco ha ritenuto, invece, che la punibilità vada esclusa “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia” ove il sanitario abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

In conseguenza di questa ultima esplicita posizione, la dottrina ha voluto nuovamente specificare il concetto di “imperizia”, anche per distinguerla dalle diverse ipotesi di negligenza e imprudenza.

 

Colpa medica: negligenza, imprudenza e imperizia

Per l’orientamento giurisprudenziale dominante, la negligenza sussiste nei casi di noncuranza, di difetto di attenzione, mentre l’imprudenza si realizza nei casi di precipitazione, di avventatezza, di insufficiente ponderazione.

L’imperizia riguarda invece quello che il medico è in grado o non è in grado di fare ossia la sua esperienza o inesperienza. In sostanza, l’imperizia si caratterizza quando il sanitario abbia violato una regola specialistica e/o tecnica, vuoi per sua ignoranza, inabilità o inettitudine ad applicarla oppure per la sua concreta non applicazione nonostante avesse dovuto farlo.

Il legislatore, per meglio tutelare il valore costituzionale del diritto del cittadino alla salute, ha inteso ritagliare un perimetro di comportamenti del sanitario direttamente connessi a specifiche regole di comportamento .

Non è, dunque, sufficiente a escludere la colpa del sanitario il solo fatto che egli si sia attenuto alle linee guida e/o alle buone pratiche clinico assistenziali, dovendo il medico valutare se effettivamente quelle linee guida siano adeguate al caso concretamente sottoposto alla sua attenzione.

 

Responsabilità medica: la colpa lieve resta?

Il dibattito sulla permanenza della colpa lieve, ritenuta da molti abbandonata dal nuovo dettato normativo, si è arricchito dell’importante contributo dato da Cass. Sez. Unite nella sentenza n. 8770/2018.

La Suprema Corte ha ritenuto, infatti, che la mancata indicazione esplicita della colpa lieve da parte del legislatore del 2017, non precluda una ricostruzione della norma che ne tenga conto. In particolare, si è precisato che l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:

a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;

b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;

c) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;

d) se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico.

La presente disamina è stata sviluppata con necessità di sintesi, non può pertanto considerarsi completa e soprattutto aderente alla singola eventuale casistica che dovrà essere compiutamente analizzata e sviluppata sia in fatto che in diritto tramite effettiva consapevolezza di tutti i fattori ricorrenti nel singolo caso.

Avv. Emanuele Ornaghi